Il Tribunale di Brescia ha pronunciato sentenza di non doversi procedere e sentenza di assoluzione nei confronti di un imprenditore accusato di omesso versamento all’I.N.P.S. delle ritenute previdenziali ed assistenziali relative ai lavoratori occupati in un determinato periodo per un totale pari a euro 12.200,00 circa.
La cifra così indicata nel capo di imputazione era, tuttavia, il risultato della somma di due anni contributivi: uno dei quali al di sotto di euro 10.000,00 e l’altro superiore di poche centinaia di euro (nello specifico di euro 200,00).
L’Avv. Simona Veneri, dello studio legale BrixiaLEX, difensore dell’imputato, sosteneva e chiedeva che venisse pronunciata sentenza di assoluzione per l’anno contributivo interessato dall’omissione inferiore a euro 10.000,00; nonché l’applicazione dell’art. 131 bis c.p. per quanto concerne l’evasione di poco superiore a detta soglia.
L’art. 131 bis c.p. prevede che “nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale…”.
Il Decreto Legislativo 15 gennaio 2016, n. 8 (il DECRETO), attuativo della legge 28 aprile 2014 n. 67 ed entrato in vigore il 6 febbraio 2016, ha disposto la depenalizzazione di numerose ipotesi di reato in materia di lavoro e previdenza obbligatoria prevedendone la trasformazione in illeciti amministrativi.
L’intervento di depenalizzazione nell’ambito della materia previdenziale ha riguardato, in particolare, l’articolo 2, co. 1-bis, del Decreto Legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 novembre 1983, n. 638, che è stato sostituito dall’articolo 3, comma 6, del DECRETO.
La norma, nella versione attuale, opera un distinguo legato al valore dell’omissione compiuta dal datore di lavoro:
– omessi versamenti di importo superiore a 10.000,00 euro annui: sanzione penale della reclusione fino a tre anni congiunta alla multa fino a 1.032 euro;
– omessi versamenti di importo non superiore a 10.000,00 euro annui: sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000,00 euro a 50.000,00 euro.
Ai fini della determinazione dell’importo di 10.000,00 euro annui, l’arco temporale da considerare per il controllo sul corretto adempimento degli obblighi contributivi è quello che intercorre tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre di ciascun anno (anno civile).
Tenuto conto delle singole scadenze legali degli adempimenti dovuti dai datori di lavoro, in essi ricompresi sia i datori di lavoro che operano con il sistema Uniemens, sia i committenti della Gestione Separata nonché i datori di lavoro agricoli, i versamenti che concorrono alla determinazione della soglia di euro 10.000 annui sono quelli relativi al mese di dicembre dell’anno precedente all’annualità considerata (da versare entro il 16 gennaio) fino a quelli relativi al mese di novembre dell’annualità considerata (da versare entro il 16 dicembre).
Pertanto, il datore che omette il versamento delle ritenute entro il termine del sedicesimo giorno del mese successivo a quello cui si riferiscono i contributi, può rimediare pagando una sanzione civile ridotta, in caso di ravvedimento spontaneo e pagamento di quanto dovuto prima che venga accertata la violazione.
Oppure, una volta accertata l’omissione, può pagare la somma indicata nella diffida (che l’INPS invia tramite raccomandata a.r.) – anche con rateizzazione – così da evitare il processo penale e l’eventuale condanna. Il pagamento deve essere effettuato entro 3 mesi dalla notifica della diffida.
Nel caso specifico, si trattava di una somma di denaro che superava solo di poche centinaia di euro la c.d soglia di punibilità, pertanto vi è stato spazio per ottenere l’applicabilità dell’art. 131 bis c.p., sostenendo la non abitualità della condotta e l’estrema esiguità dell’offesa e dell’eventuale danno allo Stato.
Al riguardo sia dato tuttavia di precisare che, al momento attuale, mancano precise linee guida che possano uniformare l’orientamento giurisprudenziale e che possano fornire ai Giudici precise indicazioni circa il quantum di superamento della soglia, valutabile ai fini dell’applicabilità del principio di particolare tenuità.